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Anniversario via Solleder Marco Anghileri

25 anni dalla Solleder di Marco Anghileri

Marco Anghileri il 18 gennaio 2000 realizza il suo sogno: dopo aver affrontato in solitaria la parete Nord-Ovest del Civetta, completa dopo cinque giorni di scalata la Via Solleder.

Celebriamo oggi, nell’anno del centenario, i 25 anni da questa grande impresa: la prima salita invernale solitaria dell’itinerario aperto dalla cordata formata da Emil Solleder e Gustav Lettenbauer nel 1925. Ed è proprio con l’apertura di questa via che nacque ufficialmente l’epoca del VI° grado.

La Via Solleder, con i suoi 1400 metri di sviluppo, si trova sulla parete Nord-Ovest del Monte Civetta (3220 metri), nelle Dolomiti del Bellunese. Una parete difficile, definita “la parete delle pareti”, caratterizzata da molti strapiombi, che Marco, alpinista lecchese del gruppo Gamma scomparso nel 2014, percorse in cinque giorni di scalata consecutivi, esprimendo, ancora una volta, la sua grande passione per la montagna.

A distanza di qualche mese dall’impresa, Marco, conosciuto da tutti come Butch, decise di raccontarla in un piccolo libro, “Da Solo in Inverno”, la cronaca di quei giorni indimenticabili, dei pensieri e delle riflessioni di un ragazzo di 27 anni, suscitate dalla grandezza della parete.

Marco Anghileri all'altezza del Cristallo durante la salita della Via Solleder

“Ci sono delle cose nella vita alla quale si dà moltissima importanza ed il poterle realizzare un giorno, riesce a regalarci un infinito senso di soddisfazione ed appagamento. Purtroppo, non è detto si arrivi sempre a fare ciò che si sogna e si vuole. A volte accade per problemi veramente insuperabili, a volte forse perché era scritto che così non doveva essere, altre ancora invece perché non ci abbiamo neanche provato, fermati direttamente da noi stessi, dalla nostra mente e dai muri fantasma che riesce a costruire. Dopo sei anni di voglie e pensieri, un tentativo andato male per un fornello, un altro per una nevicata improvvisa, giornate trascorse con i soliti pensieri e di fronte ai miei muri (non sono ancora allenato – non ci sono le condizioni – aspetto ancora un po’ – domani sarà meglio di oggi…) mi sono guardato un attimo e mi sono chiesto: “Ma perché non devi farlo? Perché non adesso, non ora?... Perché no?” (Marco Anghileri, Da Solo in Inverno)

Butch, uno dei più grandi alpinisti a livello nazionale degli anni ’90 e 2000, continua ancora oggi ad essere d’ispirazione per chiunque si avvicini al mondo verticale. Amante delle scalate in solitaria, con l’impresa della Solleder compie il suo capolavoro e realizza il sogno di una vita: fu infatti il primo a compiere questa impresa da solo, affrontando la montagna in inverno, la stagione più inclemente. “Una tappa fondamentale per la mia crescita alpinistica che sento, potrà continuare ancora a lungo”.

Ciao Butch!

Per ricordare e omaggiare il grande amore di Marco per la montagna, riportiamo di seguito alcuni estratti dall’intervista effettuata per Planetmoutain.com e presente nel libro “Da Solo in Inverno”.

Da quando preparavi la salita alla “Solleder” e come mai questa scelta?

Nel ’94, dopo la mia salita solitaria invernale alla Aste, guardando la parete e la Solleder, mi ero detto “che ambiente! Il regno del misto. Un giorno ci vengo”. Conosco molto bene l’arrampicata su roccia pura, poco il ghiaccio ed abbastanza il misto (per quest’ ultimo grazie anche alle montagne di casa che d’inverno a nord diventano una figata). In Solleder speravo di poter trovare tutto ciò concentrato in un’unica avventura e sulla parete che più amo.

Avvicinamento alla parete della Via Solleder

Conoscevi già la via?

Sì. Nell’agosto ’98 ho trascorso una settimana in Dolomiti senza compagno a girovagare disperato. Per coincidenza ho trovato un amico del posto per il quale la Solleder era un sogno forse irraggiungibile. Io gliela proposi e così, lui per questo motivo ed io per la curiosità di vederla siamo andati a farla. Davvero bella, ma quanti dubbi mi erano venuti dopo quella salita.

Avevi effettuato precedenti tentativi invernali?

Due anni fa, il 19 febbraio, ero arrivato nella grotta sopra lo zoccolo. C’erano delle condizioni fantastiche. Purtroppo non mi andava il fornello e con 1lt. e 1/2 d’acqua non mi ero fidato ad attaccarla. Col senno di poi, viste le pessime condizioni (comunque superate) di questa volta e ripensando a quel giorno mi chiedo “Se l’avessi attaccata allora leggero e col minimo indispensabile, avrei potuto farcela con un bivacco?”. Credo proprio di sì, perché avrei potuto arrampicare molto con le scarpette, slegato e con in spalla lo zaino. Però, forse, non avrei trovato ciò che cercavo. Era giusto così in fondo. Anche l’anno scorso al 3 di gennaio, dopo un mese che non nevicava, ero partito lanciato. Ma dopo 1/4 d’ora di viaggio per scrupolo telefonai ad Alleghe ed incredibile! stava nevicando. Poi in tre mesi non ho più sentito l’istinto giusto.

Marco Anghileri ultimo bivacco in parete via Solleder

Come mai una solitaria e d’inverno?

Risposta complessa e difficile. Provo. È questione di carattere. Carattere non nel senso di avere il polso, le palle, ma proprio di essere così per natura. Io non reputo uno che va in solitaria più bravo di un altro, penso solo che lui ce l’ha dentro di sé, lo sente, ed allora ci va. Già dopo un mese che arrampicavo, tanti anni fa, avevo avvertito questa voglia, mentre conosco amici che scalano da molti anni e vanno pure più forti di me, ma che non hanno mai fatto un metro in solitaria e mai lo faranno. Sono forti, sono bravi ma non lo sentono. Ho una passione per la montagna incredibile e, se sto bene, so di sentirmi comunque a mio agio in quelle condizioni. Infine, non meno importante ma palese magari, mi dà talmente tanto un’esperienza del genere che non me la sento di rinunciarvi. Solo a una cosa so di dover stare attento, e cioè, che tutto ciò può diventare come una droga, una volta che l’hai provata è difficile farne a meno. Fortunatamente sono anni che vado così e credo ormai di sapermi ascoltare.

Hai incontrato particolari problemi durante la salita?

I primi due giorni sono volati via. Non c’era tanta neve in parete visto che l’ultima nevicata era venuta il 28/12. Freddo sì, e sui tiri del camino bloccato e della svasatura le scarpette non avevano proprio aderenza perché c’era come una patina di ghiaccio, ad ogni modo salivo. Dopo è arrivato quel vento allucinante. Neve portata e freddo, era come se nevicasse tutto il giorno. Con le scarpette ho fatto solo 4 tiri, poi gli scarponi e dal Cristallo in su ho dovuto arrampicare sempre con i ramponi ed i guanti, senza poter mai utilizzare le prese piatte ma adottando tutta una tecnica di spinta e di prese verticali, ovviamente con molta attenzione e lentezza. Altro enorme problema, che già conoscevo, è stato il recupero del saccone. Se ben ricordo, solo quattro volte sono riuscito a recuperarlo direttamente dalla sosta. Tutte le altre volte dovevo scendere, caricarlo sulle spalle od attaccarmelo all’imbrago e risalire sulle jumar. Che fatica! Ultimo problema, il fornello. Alla sera del quarto bivacco non sono più riuscito a montare le bombolette e quindi a bere. Se pensate che già il bivacco prima non avevo potuto utilizzarlo a causa del brutto posto! Ho bevuto 2 litri e mezzo in cinque giorni. Troppo poco.

Come eri attrezzato e quale è stato il tuo stile di salita?

Il saccone pesava 33 kg. Ovviamente in salita con fuori il materiale, sarà stato la metà. Perché così tanto? mi chiedono, e mi chiedevo anch’io andando all’attacco. Sicuramente in altre condizioni, aspettando il momento giusto, forse a marzo dove le giornate sono più lunge, la neve è trasformata, la roccia è pulita anche sull’inclinato, uno con la voglia e le capacità, penso possa attaccare con tutto il materiale ai minimi termini e via, massimo un bivacco arrivare in cima. Io non avevo idea di come fosse realmente, era metà gennaio e perciò qualcosa in più dovevo avere. Sicuramente la prima notte, dopo aver messo le fisse sui primi due tiri, che sono anche quelli famosi e duri per la fessura, visto come ero salito slegato e senza problemi, ho pensato di mollare tutto e provare. Ma da sotto sembra tutto bello, non si vede la neve depositata ed allora mi sono trattenuto rimandando la decisione al giorno dopo, al traverso che mi preoccupava. Poi gli altri giorni l’idea non mi ha più sfiorato e vi assicuro che tutto ciò che avevo era per me necessario. Dei 2,5 kg. di mangiare ne ho avanzato comunque almeno 1 kg., quello sì. Non perché era troppo o non avevo fame, ma perché durante il giorno con il vento che c’era non mi sono mai fermato un minuto a mettere in bocca qualcosa o a bere. Solo la sera e la mattina. Al contrario di come sono abituato normalmente (Olimpo in Marmolada – 3 tiri assicurato il resto slegato /Aste Civetta – 2 tiri assicurato / Casarotto S. Lucano tutta slegato etc. etc.) questa volta, all’infuori di 3 o 4 tiri e qualche pendio di neve, ero sempre auto-assicurato. Mi sono reso conto che in quelle condizioni non esiste più il 4° o il 6°, tutto è un’incognita, è una sorpresa. Ho adottato il GRI-GRI modificato per la sicurezza, lo trovo ottimo, anche se ho avuto dei problemi con le corde che scivolavano sempre giù, pesavano di brutto e si incastravano spesso. Ti dirò che essendo abituato ad essere in giro molte volte slegato, avere una forma di sicurezza, sotto l’aspetto psicologico sentivo di avere una marcia in più.

Potresti sintetizzare in una specie di scheda-materiale cosa ti sei portato dietro nello zaino?

Come materiale, era il solito che si utilizza per una salita in montagna, con qualche ritocco:
Tradizionale: corda del 10 da 60 mt. – cordino del 7 da 60 mt. per il sacco – 15 chiodi vari – 8 rinvii – serie complete di friends e nuts – molti cordini e fettucce nel caso di doppie- moschettoni sciolti – etc.
Particolari: piccozzino/martello (era meglio una bella picca con un terzo attrezzo per il tiro della cascata che mi ha fatto penare) ramponi, saccopelo da 1,3 kg., telo per riparo, metà materassino in espanso, scarponi Trango light La Sportiva, tre strati di intimo, completo giacca e pantaloni, e gilet in piuma per la notte Ande.
Tecnologici: walkman, e cellulare. Gli aiuti esterni sono stati: all’andata, trasporto con gatto delle nevi fino alla fine delle piste da sci perché era molto presto. Al ritorno, metà pista battuta fra il rifugio Coldai e la ferrata degli Alleghesi da parte di mio padre ed altri amici.

Materiali per salita alla via Solleder Marco Anghileri

E i bivacchi?

Per quanto riguarda i bivacchi, questa è stata la successione:
1°) In una grotta favolosa sopra lo zoccolo. Ho potuto togliere anche l’imbrago.
2°) Terrazzino di neve spianata su pendio, prima del traverso. Ero sdraiato ma la neve polverosa non teneva tanto. Al mattino il piano non esisteva più.
3°) Terrazzino misero e soprattutto espostissimo al vento. Non sono riuscito a far andare il fornello per il poco spazio ed alle 5: 00 del mattino mi sono avviato con la frontale altrimenti ancora un po’ e sarei congelato per il vento.
4°) Buco nel camino sopra la cascata. Comodo e riparato, ma il fornello non andava più.
5°) Rifugio Torrani. Comodissimo ed una torta lasciata all’ultimo dell’anno dal gestore. Ho sgelato con delle candele due lattine di Lemonsoda. Stavo morendo di sete.

Cosa pensi della prima invernale della Solleder effettuata nel 1963?

Ho sentito i commenti fatti dai protagonisti del ’63 nei miei confronti: “Bravissimo, incredibile, molto di più di noi, etc, etc.” Il tempo è passato anche per loro e forse gli ha annebbiato un po’ i ricordi. Solo io, oggi, posso immaginare cosa diavolo hanno fatto su quella via più di trent’anni fa con i mezzi che c’erano allora e soprattutto con quelle condizioni. Guardate le foto! Era peggio, molto peggio. Bravi, bravi ancora.

“Forse avevo rivolto troppa importanza ad una cosa che, seppur bella e possibile, avrei potuto anche non riuscire a realizzare. Ma gli stimoli penso siano il primo elemento che faccia girare il mondo ed io sentivo di averne veramente tanti per arrivare a fare ciò che volevo. Ora che tutto è finito e che il mio sogno si è realizzato, posso dire di aver fatto solo bene a sognarlo prima, realizzarlo dopo e goderlo adesso.” (Marco Anghileri, Da Solo in Inverno)

Alla prossima #AndeExplorers!

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