fbpx
03
VISIONE

Dàs a Trà è il racconto a puntate della fondazione di Ande, una storia di famiglia, e del nostro amore per il mondo verticale, nelle parole del nostro fondatore Aldo. 

In questo episodio Aldo spiega quanto sia importante trovare il proprio equilibrio, in montagna come nella vita, e dà alcuni consigli alle nuove generazioni. 

Aldo, il vostro payoff recita “questione di equilibrio”. Da dove arriva e cosa sta a significare?

L’idea era nata quando c’erano ancora i miei figli Giorgio e Marco. Avevamo fatto una foto sulla Punta Giulia, Marco era salito in cima. Dalla difficoltà di scattare la foto era nato questo motto, che vale per il lavoro come per lo sport. Lo slogan della “vecchia Ande” è piaciuto ai miei figli, che hanno scelto di riutilizzarlo. Mi ha fatto piacere: è uno slogan che dice tutto. Un po’ come dire “Dàs a Trà” in dialetto, “darsi retta” in italiano, è quasi la stessa cosa. 

Ande è una storia di famiglia: come è possibile mantenere l’equilibrio tra famiglia, passioni e lavoro?

Essendo un lavoro di famiglia, lavoro e affetti diventano la stessa cosa. Se sei innamorato di quello che fai, è così. Io credo di rompere le scatole la sera a casa quando parlo di lavoro (non bisognerebbe parlare di lavoro a casa!): però spesso mi vengono in mente le cose… insomma, fa parte del mio DNA! La mia famiglia lo ha capito, e mi sopporta (ride).

La vita ti ha messo di fronte a due insondabili difficoltà, la perdita di due figli. Giorgio nel ’97, Marco nel 2014. Ci puoi aiutare a capire quanto equilibrio ci vuole nel non cedere e a ritrovare la forza di continuare, recuperando l’equilibrio con sè stessi, gli altri e la vita?

Sono domande che ho sempre un po’ evitato, ma cercherò di riassumere. Giorgio è stato una botta per come è capitato, in bicicletta, ma in qualche modo ne sono venuto fuori. All’epoca, oltre al lavoro avevo iniziato una nuova vita con Giulia, Sara, Luca.  Con Marco è stata più dura, ho fatto fatica, mi sono fatto anche aiutare. Avevo però la fortuna di andare ancora spesso in montagna. Due o tre anni fa poi è successo qualcosa e sono andato un po’ a terra. Ne sono venuto fuori, anche se non vado più in montagna: mi piacerebbe poter ricominciare, ma sono un uomo di 74 anni! Tutte le sere ricordo i miei figli, perchè i figli non si possono dimenticare.

Che consigli lasci ai giovani, sia nella vita che nell’arrampicata?

Prima cosa, volersi bene. “Dàs a Trà” in dialetto, darsi retta, ascoltarsi. Credere in quello che si è capaci di fare. Seconda cosa, lo sport è importantissimo, qualsiasi sport. E la terza cosa è il lavoro: i giovani devono pensare a trovare un lavoro che dia loro soddisfazione. 

Dai, ci racconti un’altra delle tue storie di montagna?

Non sono mai stato assiduo nell’arrampicata. Poteva capitare che stavo sei mesi senza arrampicare, poi riprendevo e mi stupivo di essere ancora allenato. Beh, insomma, ero giovane! Poi magari c’erano periodi di arrampicate intense. Quanti viaggi fatti per niente, però ci credevo! Tutte le vie che ho immaginato, le ho percorse. Per esempio, il Pic Gugliermina: non che fosse una grande via… però sai com’è. Siamo partiti da qui con i Pink Floyd all’alba, gli amici che dormivano in macchina, siamo arrivati a Courmayeur, verso le cinque del pomeriggio siamo arrivati all’attacco del Gugliermina, passando da 1500 a 3000 metri. Abbiamo poi fatto il Frèney salendo diretti, senza passare dai rifugi. Eravamo legati, con tre corde da nove e una da sette. Abbiamo fatto il bivacco a tre quarti della via. Siamo saliti in cima e poi siamo scesi, alla sera eravamo a Courmayeur a mangiare e bere. Avremo bevuto venti aperitivi, ma non eravamo mai ubriachi… eravamo talmente consumati!

Non perdetevi gli altri episodi di Dàs a Trà, il racconto di una storia di famiglia.
Seguiteci qui sul blog, su Facebook e Instagram.

Alla prossima #AndeExplorers!

FOLLOW US