Dàs a Trà è il racconto a puntate della fondazione di Ande, una storia di famiglia, e del nostro amore per il mondo verticale, nelle parole del nostro fondatore Aldo.
In questo episodio Aldo ci parla della sua visione, del suo approccio alla montagna e della sua attitudine alla vita. Ci parla della nascita della “nuova Ande” e di come si immagina l’azienda in futuro.
L’idea per un nuovo prodotto, sia nel mondo dell’attrezzatura per l’arrampicata che per l’abbigliamento outdoor, nasce più per esigenza, esperienza o competenza?
Dato che sono un praticante di questo sport, le cose si mischiano abbastanza. La competenza ti fa pensare, mentre stai usando una cosa, che vorresti andare avanti. Nell’85 e nell’86 abbiamo lanciato l’abbigliamento in terinda, abbiamo iniziato a produrre queste tute in un tessuto che era meraviglioso. Abbiamo fatto una foto a Manolo su una lastra di cristallo trasparente. Il primo numero della rivista Vertical l’ha messa in copertina. Questo mi ha reso facili le cose! Lì c’è stata sia competenza sia l’esigenza di un prodotto che poi è effettivamente durato negli anni. Lo abbiamo usato anche d’inverno imbottito e lo abbiamo rifatto per le nuove collezioni. Te ne racconto un’altra: una volta una piccozza e un rampone pesavano due chili. Si andava in montagna con questi attrezzi in ferro. Siccome io avevo lavorato il ferro come meccanico, mi sono messo in testa di fare i ramponi in lega leggera, in ergal, che ha un terzo del peso specifico del ferro. I nostri ramponi e piccozze in lega leggera pesavano 780 grammi. Siamo stati i primi al mondo, oggi moltissime aziende continuano a produrli. Avevo fatto una pubblicità che diceva “750 grammi di sicurezza” perchè quando si attacca una via con meno di otto etti nello zaino, al peso non pensi più. La cosa è esplosa, i negozi mi ordinavano fino a 2000 ramponi. Li vendevo in tutta Italia. Alcune ditte importanti criticavano questa scelta, poi si sono messi a farli tutti, migliorando anche il prodotto. Da ultimo i friend erano a barra rigida, io li ho fatti fare a gambo morbido in acciaio inossidabile: anche qui, dopo le prime titubanze hanno avuto un buon riscontro sul mercato. Ho venduto l’azienda e l’ho rilevata di nuovo, eppure ancora oggi la gente si ricorda di Ande anche per queste cose.
Che caratteristiche ha la nuova Ande?
Mi sono circondato di gente “giusta”. Due anni fa mio figlio Luca è entrato in azienda e poi anche mia figlia Sara, che prima lavorava in ospedale, per sua libera scelta ha deciso di unirsi a noi. L’ambiente è molto giovanile. Credo di aver trasmesso loro la voglia di innovare, di andare avanti, di crescere sempre, che è poi quello che ti insegna la montagna. Se ti fermi sei perduto: devi sempre avere la voglia di migliorare qualcosa. Non sempre ci riesci, però per un’attività come la nostra questa logica ha funzionato. Per esempio, l’iniziativa delle scarpe, avviata agli inizi con Marco, è qualcosa in cui ho fortemente creduto e grazie all’aiuto dei miei collaboratori è diventata il fatturato più importante dell’azienda. Poi si sono aggiunti gli zaini e l’abbigliamento. Stiamo studiando altre novità, per un attrezzo e per una tenda.
Che futuro vedi per il marchio Ande?
Credo che il marchio andrà avanti, grazie al contributo delle nuove generazioni e ai miei figli. Non sono uno che si ferma, vado avanti. In tre anni abbiamo triplicato il fatturato. Ande andrà avanti per sempre, anche quando non ci sarò più io!
Che cosa hanno portato le nuove generazioni in Ande?
I miei figli Sara e Luca hanno lavorato per rinnovare un po’ l’immagine del marchio, anche graficamente. In questo sono bravi, hanno più pazienza di me. Si dedicano molto allo studio del catalogo e dei prodotti. Marchio, catalogo, immagine: oggi c’è un’esigenza di immediatezza con cui bisogna stare al passo. Io su questo aspetto non intervengo, lascio fare a loro.
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Alla prossima #AndeExplorers!
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